Associazione Nazionale Alpini -
Gruppo di San Vittore Olona- Via Alfieri - 20028 San Vittore Olona (MI)
tel: 3333450040
- sanvittoreolona.milano@ana.it
Nel corso delle mie vacanze estive, girovagando in moto per la Penisola, ho voluto fare ritorno in Abruzzo e ho fatto tappa per un paio di giorni all’Aquila per rivedere quella bella città che nei miei ricordi significava morte e distruzione a seguito del disastroso terremoto che nella notte fra il 5 e 6 aprile 2009 provocò 309 vittime e che mi vide, in compagnia di tanti amici alpini, prestare soccorso a quelle povere genti private di tutto in un lungo attimo. Il terribile ricordo di quelle giornate passate ad aiutare nella gestione del Campo Globo e ad accompagnare gli sfollati a recuperare le poche cose rimaste nelle loro abitazioni, è stato solo in parte mitigato da quello della grande Adunata Nazionale del 2015 quando l’Associazione Nazionale Alpini decise di tornare in massa su quei luoghi tanto provati per dare un segnale di rinascita ed un aiuto concreto all’economia di una zona altrimenti destinata ad un lento declino. Se nel periodo dell’emergenza terremoto il clima era di grande dolore, quello dell’Adunata che, seppur rispecchiando un senso di comunanza ed allegria che voleva essere da sprone alla popolazione, era comunque, come tutte le nostre Adunate, molto caotico e troppo affollato per consentire di apprezzare le bellezze della città.
… del mio articolo apparso sull’ultimo numero del Penna Nera vi giro un commento fatto da un’ amico “alpino purosangue“ al quale giro mensilmente il nostro giornalino. E’ uno che a parer mio sa usare la penna molto ma molto meglio del sottoscritto; del resto ci vuole poco e sono certo che me ne dirà quante ne sa però io, forte della sua amicizia, mi permetto questo e se necessario tanto altro. Concordo con lui per quanto scrive sull’argomento “alpini/amici degli alpini” non condividendo comunque la sua conclusione quando si dà per sconfitto; in fondo in fondo neanche lui ci crede. E’ una speranza che può sembrare illusione ma è positivo che rimanga sempre presente: è inammissibile pensare che uno qualsiasi sia un vero alpino cioè uno che agisce motivato da quella alpinità come la intendeva il famoso Peduzzi solo perché porta un cappello con la penna,ci vuol ben altro, ma ecco quanto l’amico mi ha scritto. Adesso aspetterò il suo benevolo mugugno.Dal Penna Nera “ciao tenente non si può essere bravi in tutto “.
Il nostro Socio Andrea M. questa estate ha portato a termine un tour ciclistico di circa 1700 Km. in Islanda e nelle Isole Faroe tenendo sempre ben esposto sulle borse il Tricolore.
Chi fosse interessato a visionare l’impresa può visitare i seguenti link:
… purtroppo ancora una volta la morte ha bussato alla porta della nostra baita, il nostro gruppo è stato colpito dalla perdita di un socio. Sono cose che non si vorrebbero mai scrivere ma si sa che contro di lei non si può nulla. Spulciando fra le varie definizioni della morte emerge quella di San Francesco che la chiama quasi con affetto:la nostra sorella morte corporale e dalla qual, aggiunge, nullo omo vivente può scappare … SORELLA … una parola e … noi non siamo San Francesco. La lunga ed inesorabile malattia prima seguita dalla perdita del nostro amico ancora una volta ha listato a lutto il nostro gagliardetto. Per la burocrazia alpina,Angelo Amboldiera un’amico degli alpini ma in realtà ERA UN’ALPINO. Iscritto da subito, dall’inizio nel nostro gruppo di San Vittore Olona, fu uno di quei tanti di allora che non si diedero mai per vinti davanti alle difficoltàdi ogni tipo che, e maggiormente a nostri giorni, accompagnarono la costruzionemateriale della sede supportata dall’entusiasmopiuttosto che dalla ricchezza di mezzi. Angelo c’era sempre con la sua esperienza e conoscenza nell’ambito edilizio. E siccome era un’alpinosapeva anche essere di quella compagnia che si toccava con mano nella vita ordinaria, nelle manifestazioni di gruppo ed in sede, nella sua manutenzione,nella condivisa gestione della cucina, nelle rocambolesche avventure chiamate Adunate ricche anno dopo anno divariantiche solo chi le ha vissute può comprendere.
Francesco Cornelli, per tutti Francescone, anzi “ul Francescun” classe 1943, Alpino D.O.C. del Gruppo di Melzo è andato avanti improvvisamente ed inaspettatamente mercoledì 14 luglio. Tra i soci fondatori della S.I.A. e sin dalla prima ora volontario della nostra unità di Protezione Civile è sempre stato presente nel corso delle calamità che hanno visto operativa la nostra Sezione nelle emergenze e nel volontariato anche in ambito locale guadagnandosi il rispetto e la riconoscenza di quanti l’hanno conosciuto ed hanno avuto la fortuna di lavorare con lui. Fra questi ho l’onore di riconoscermi avendo in più occasioni avuto la fortuna di intervenire in diverse occasioni quando, per intenderci, si operava con i mezzi personali e attrezzature se non di fortuna, certamente sconosciute alla dicitura “omologazione”, nonché le innumerevoli uscite addestrative in montagna dove lui, socio CAI, portava la sua esperienza acquisita in anni di ascensioni. Se c’è un aggettivo che mi sento di attribuirgli è “tranquillo”, posso dire di non averlo mai visto arrabbiato, certamente non l’ho mai sentito alzare la voce (a differenza del sottoscritto) e ogni cosa che diceva, anche se magari polemica o di rimprovero, era sempre improntata alla massima educazione e pacatezza. Mi ritengo fortunato anche di avere potuto passare con lui alcune delle sue ultime ore di vera gioia, infatti tre giorni prima della sua scomparsa ci eravamo trovati per una grigliata, la prima dopo un anno e mezzo di pandemia e mi è cara una foto che ci ritrae insieme mentre ci godiamo una bella cantata al suono della fisarmonica, sono sicuro che anche per lui sia stato uno dei più bei momenti dell’ultimo anno e personalmente me lo porterò nel cuore.
Venerdì 18 giugno, siamo in sede (purtroppo in pochi) e stiamo parlando di come riprendere la nostra vita associativa specialmente superando lo scoglio rappresentato dalla latitanza anche dei soci “storici”, quando un messaggio arriva sui cellulari: Beppe Parazzini, il “nostro” (past come ora vengono definiti) Presidente nazionale è andato avanti. E’ una di quelle notizie che ti lasciano sconcertato ed incredulo, non può essere, stiamo parlando di una icona dell’Associazione Nazionale Alpini, che si identificava nella Sua figura e personalità, di qualcuno che davi per scontato sarebbe sempre stato presente per consigliare e suggerire la strada migliore da seguire con quel suo modo pacato, ma deciso e graffiante che non ammetteva repliche perché in fondo quello che diceva trovava poi riscontro. Classe 1944 aveva iniziato la suavita alpina nel 1969 con il 57° corso Auc e successivamente inquadrato nel 5° Rgt. Battaglione Edolo e successivamente congedato si iscrive al Gruppo di Bareggio della nostra Sezione ed inizia a condividere la passione alpina con la professione di notaio che ha svolto sino ad un paio di anni fa. Dal 1998 al 2004, per due mandati è stato Presidente dell’A.N.A. succedendo a Leonardo Caprioli e diventando bandiera della protesta civile inscenata dai soci dell’Associazione nel 2002 che occuparono pacificamente Roma per una mattina per protestare contro la sciagurata legge che “sospendeva”il servizio di leva con i risultati che sono oggi sotto gli occhi di tutti arrivando a presentare all’allora Presidente della Repubblica Ciampi una memoria in cui si paventava una perdita dei valori che si è poi rivelata profetica.
Come si può chiaramente supporre, questa relazione non potrà evitare ditenere conto della situazione particolare causata dalla maledetta epidemia del COVID-19 che ha letteralmente stravolto la vita di tutti noi e di conseguenza anche quella associativa a tutti i livelli, dalle iniziative di Gruppo sino all’annullamento della nostra Adunata Nazionale per il secondo anno consecutivo. Ma se tutto ciò ha comportato un malessere morale e psicologico per aver dovuto rinunciare alla possibilità di incontrarci, stare insieme e poterci dare la possibilità di adempiere ai nostri doveri associativi, anche nei confronti delle gente, la perdita maggiore riguarda la scomparsa all’interno di Gruppi e Sezioni specialmente delle zone del nord, le maggiormente colpite, di tanti, troppi alpini ed amici che nel corso dell’anno ci hanno lasciati, a volte senza neppure poterli salutare ne’ accompagnare nell’ultimo viaggio così come è da sempre nostra abitudine. Anche il nostro Gruppo è stato purtroppo colpito da questi lutti nelle persone di Bruno Polingher, Socio e valido Consigliere e di Ignazio Torno, capogruppo di Arconate da molto tempo sempre presente alle nostre manifestazioni e papà di Cristina, compagna del nostro Angelo Morlacchi, invito quindi tutti a ricordarli insieme agli altri nostri sconosciuti fratelli di penna con un attimo di raccoglimento.
… il trascorrere dei giorni è costellato da momenti con valenze negative e positive: non si tratta per forza digrandiosità ma normalmente di tante piccole cose, di semplicità che possono essere anche negative masu queste non vorrei soffermarmi, non penso sia il caso. Vorrei invece coinvolgere, ammesso sia possibile, coloro che leggono queste righe, in un fatto piccolo, piccolo, insomma cronaca casereccia ma per me molto gratificante. Ora, com’è noto, fra noi Alpini, molti sono impegnati nella protezione civile con l’intento direndersi disponibili alla comunità in svariati modi e vengo al punto. Una domenica mi trovavo come volontario al centro di vaccinazione in quel di Cerro Maggiore. Caldo da vendere, gente che si accalcava, seppur in maniera discretamenteordinata … non mancavano le battute “grandi alpini …siete sempre presenti … io ero della Taurinense … io ero dei parà … quell’altro guardando suo figlio sospirava… quanto ci vorrebbe adesso un po di naja ecc, ecc. Purtroppo,al nostro buon Fabio, capitò la frecciata di un signore che si sentì autorizzato ad insinuare che gli alpini approfittavano dell’occasione, scavalcando la fila, “per fregare” il vaccino a quelli con il diritto di priorità;I pseudo intelligenti si fanno sempre riconoscere. Il mio incarico, espresso in termini militari, era di addetto alla sbarra, di piantonee, “armato con il mio cappello alpino“, dovevo indirizzarequanti si presentavano per accedere all’incontro informativo con i medici prima della vaccinazione vera e propria. Piccolo aneddoto, quasi una barzelletta: un sudamericano piccolo così mi chiese dovepoteva acquistare un cappello simile al mio, hai voglia di spiegargli che non si trattava di un particolare tipo di “sombrero” , che non aveva niente daspartire con un simpatico oggetto difolklore, ignoro se abbia capito perché l’ho lasciato leggermente dubbioso, ma forse non mi sarò spiegato bene.
Come da regolamento in data 7/5/21 avvenne l’assemblea che invitò tutti i soci a ritrovarsi in sede con lo scopo di fare il punto della situazione: vita di gruppo, analisi economica, eventuali elezioni a motivo di scadenza delle carichee altroriassumibile nella frase classica: varie ed eventuali. La particolare situazione causata dall’epidemia ci impose l’osservanza di norme stabilite vale a dire: distanze fra i partecipanti, previo controllo della temperatura di ognuno al momento dell’ingresso nonché il rispetto legato all’orario di chiusura. L’afflusso dei soci superò le aspettative: in effetti tenendo presente a quanti non potevano presenziaresi è potuto essere soddisfatti del numero dei partecipanti: vaevidenziato come un ns. socio fosse collegato in video-conferenza dalFriuli… La presenza dei consiglieriRodeghiero di Magenta e Piccionidi Legnano ufficializzò la presenza della Sezioneper cui all’ora convenuta ebbe inizio la riunione previo saluto alla Bandiera seguita dalla relazione sociale del capogruppo e da quella economica tenuta dal revisore dei conti. Ambedue, a disposizione di ognuno presso la segreteria, furono approvatedall’assemblea, seguite dall’elezione dei due consiglieriscaduti : riconferma diCestarolliassieme al neo eletto Stefano Parini. Sommariamente: il capogruppo relazionò sull’annotrascorso evidenziando il difficile momento attraversato segnato dalla morte del socio nonché consigliere nella persona diBruno Polingheredall’epidemia che troncò ogni tipo diattività sia di gruppo che nell’ambito comunitario causando anche difficoltà di relazione ed incontro fra i sociaccompagnate dagl’immancabili problemi economici sempre presenti, spesee bollette per intenderci, che a ben guardare contrassegnano la vita di ogni gruppo dell’Associazione e non solo.
Una divisa, un giurammento, un impegno. (Giugno 2021)
UNA DIVISA, UN GIURAMENTO, UN IMPEGNO
Lo so che gli alpini non dovrebbero fare politica, o meglio partitica perché la politica e cioè il bene della POLIS inteso come bene comune lo facciamo da sempre, ma ci sono alcune occasioni in cui tacere diventa veramente difficile.Mi riferisco alla polemica innescata dal Governatore della regione Campania Vincenzo de Luca nei confronti del Generale Francesco Paolo Figliuolo, Commissario per l’emergenza Coronavirus, perché (secondo lui) “Andando in giro in mimetica rischia di trasferire sulle Forze Armate la polemica politica mentre l’immagine dell’Esercito deve restare fuorida ogni polemica”. Ebbene caro Governatore, mai come ora l’immagine dell’Esercito ha goduto di una fiducia simile da parte degli ITALIANI, quegli italiani che si sono resi conto della serietà della persona che stai cercando di denigrare, un militare si, un servo dello Stato che non ha MAI CAMBIATO CASACCAe che sta gestendo questa emergenza con lo stesso spirito che anima noi volontari durante le emergenze: prima si obbedisce, poi magari si mugugna, ma intanto si lavora.E i risultati si vedono.Se poi caro Governatore ti da tanto fastidio vedere una tuta mimetica, guardati un po’ in giro e ne vedrai tante in tutte le città italiane indossate da giovani che ci consentono di poter passeggiare tranquillamente e questo, a parte te, agli ITALIANI dà sicurezza e fiducia, quella fiducia che la classe politica oramai si sogna.
Soltanto per una breve considerazione. Ieri mi è arrivato con la posta l’Alpino e, come sempre, da subito mi leggo l’editoriale del Direttore, Don Fasani che in quest’ultimo numero riflette sul recente programma televisivo“La caserma” argomento già trattato dal sottoscritto in un articolo, “articolo: parola grossa”, sul Penna Nera di aprile a titolo “Progetto”. Fino a qui niente di che. La cosa che mi ha ulteriormente meravigliato l’ho trovata alla pagina successiva dove nella rubrica “Lettere al direttore” leggoquella inviata alla redazionea firma Gen. Di Dato ex direttore dell’Alpino che commenta con toninon certo benevoli l’attuale malattia nazionale chiamata anglofilia a tutti i costi. Eh no,non puòessere; ma guarda caso: sto per consegnare al nostro “direttore” del Penna Nera quattro righe già preparate da qualche giorno attinenti allo stesso problema: che strano. E mi è venuto in maniera spontanea, quasi schizofrenica un piccolo pensiero: vuoi vedere che qualcuno dei tre copia l’altro, quasi un plagio? o non penserete che io “penna biro” di un giornalino di gruppo mi metta a“scopiazzare” o in competizione con queste “Penne d’oro” di valenza nazionale? non sarà piuttosto una piacevole coincidenza meritevole alla fine di un balsamico sorriso?AMEN.
PRESIDENTEDRAGHI
Dio ti benedica. Chiariamo: qui la politica non ha niente a che vedere e mi spiego riandando a quanto da lui detto, credo alla Camera, ad un certo momento di un suo intervento: perché io devo parlare ininglese e, io aggiungo, non usare termini che esistono e ci sono tranquillamente nella lingua italiana? Siamo alle solite. Lo so di ripetermi sull’argomento ma se un tale Signore sbotta con questa espressione un motivo ci sarà e per di più non deve essere suffragato dal mio parere. Io non ho nulla contro la lingua inglese anzi mi dispiace di non conoscerla ma non si può conoscere e sapere tutto. Ai mieitempi e lo posso dire, accidenti a quanti anni sono passati, alle medie vigeva il quasi obbligo della lingua francesedopo le qualiper altrelingue inglese, tedesco ecc … ci si rivolgeva al liceo linguisticocomeadesso: ma per non perdere il filo del discorso, posso solo ricordare conun certobrivido il “mazzo” che mi hanno fatto, dalle prime nozioni nelle elementarialla maturitàper lo studio della lingua italiana, dal Petrarca a tutta l’enorme quantità di autori e scrittori che si sono succeduti durante i secoli e, guaidimenticare i Promessi Sposi,chiudere in gloria con la Divina Commedia. I ben informati mi dicono che oggi l’italianosia la quarta lingua più studiata nel mondo; magari nel mondo forse, in Italiacredo sia la più massacrata.
E’ con grande soddisfazione che tutti i Soci del nostro Gruppo si complimentano con gli amici del Gruppo Cinofili di Nerviano che, quali volontari di Protezione Civile, fanno parte della Sezione tramite il nostro Gruppo e che hanno ricevuto dal Comune di Nerviano nella persona del Sindaco Massimo Cozzi, l’attestato di civica benemerenza per la disponibilità, la presenza e il contributo dimostrato nel corso della pandemia e come esempio di senso civico.
E’ confortante e gratificante constatare come l’opera svolta dagli amici di Nerviano, al pari delle migliaia di Alpini e Amici in tutta Italia che da subito si sono resi disponibili ad aiutare, venga riconosciuta dai rappresentanti della comunità, e da parte nostraun plauso ai nostri cinofili per averlo dimostrato in questo difficile periodo.
Così è stato definito il recente prodotto televisivo intitolato“LA CASERMA”. Sono sicuro che avrà suscitato molteplici reazioni da parte dei telespettatori. Neanche a farlo apposta sull’ultimo numero del nostro mensile “L’ALPIN0” una signora invia al direttore una lettera inerente a questo programma.Una valutazionesullo stesso argomento “la famosa caserma”mi era venuta immediata già dalla prima puntata, prima di quella famosa lettera. Mi sono scoperto curioso e nello stesso tempo leggermente diffidente, sarà una baggianata, un solito minestrone dettato da esigenze televisive e/odi spettacolo ma con tutta l’ingenuità che posso avere, alla fine non l’ho trovata poi tanto male. Ovviamente non sono in grado di valutarne la tecnica televisiva, la regia c… e men che meno miazzardo a conclusioni a dir poco avventate però mi sono scoperto ariflettere su quanto mi aveva suscitato da subito. Seduto sul divano mi sono ritrovato fra quei ragazzi alle prese con“Figaro”l’inesorabile e sadico barbiere, alla vestizione,al … va là che ti vanno bene camicie, mutandoni più meno felpati abbinati a pantaloni ascellari … non parliamo poi del cappotto che a tutti i costi era perfetto anche se lo pestavi … non si osava neppure pensare che il maresciallo, lo stilista militare addetto al magazzino vestiario si sbagliasse … devo essere sincero: si preoccupò seriamente con un tocco di umanità che gli scarponifossero perfetti, personalizzati, antivesciche (provali, cammina avanti e in dietro però datti una mossa, sù, sù, desgrubia, sbranina; parole da me mai sentite ma intuite subito, al volo). Lui, burbero benefico, sapeva bene a cosa andavamo incontro.
Mercoledì 3 febbraio, su invito della Prof.ssa Baroni del Liceo Linguistico Statale di Arconate e d’Europa, ho avuto il piacere di partecipare ad un incontro con gli studenti di quarta che stanno lavorando su un progetto storico – naturalistico riguardante la zona del Monte Orsa nel varesotto, sovrastante la Val Ceresio. Il mio ruolo sarebbe stato quello di illustrare la parte storica in particolar modo quella riguardante la linea Cadorna che, nelle postazioni collocate sulla cresta che univa il Monte Orsa al Monte Pravello, costituiva uno dei punti più impostanti e fortificati di tutto il sistema difensivo che costituiva la Frontiera Nord comunemente chiamata appunto Linea Cadorna. Confesso che, pur essendo oramai abituato ad intervenirenelle scuole, nutrivo una certa preoccupazione sul coretto svolgimento dell’incontro in quanto, a causa della situazione pandemica che vieta la presenza fisica di chi non è studente o docente, il tutto si sarebbe svolto in video conferenza, cosa che a uno come me mette già l’agitazione addosso, ma devo dire che alla fine con l’aiuto paziente delle insegnanti tutto è andato bene. Anzi, se possibile oserei dire che il risultato è andato oltre le aspettative, infatti l’incontro che era previsto durasse circa 45 minuti, alla fine si è protratto per quasi due ore con i ragazzi che non finivano più di fare domande che, se all’inizio vertevano sul tema della Linea Cadorna, dopo un po’ si sono spostate in massasul volontariato, la Protezione Civile, e particolarmente sugli alpini, la loro storia, l’organizzazione e le finalità associative, insomma alla fine della fiera siamo finiti a fare una lezione…su di noi.
E finalmente domenica 14 febbraio, dopo un anno di forzata inattività, abbiamo ripreso, seppure in forma ridotta le uscite della S.I.A. cercando di rispettare le rigide norme che comunque persistono a limitare i nostri spostamenti e anche in un ambiente come quello montano, costringono a rispettare norme di comportamento che di solito diamo per scontato ad iniziare dal contatto fisico e dalla gioia di poterci vedere in faccia, salutandoci quando ci si incontra o scambiandoci un “bicchierino” dopo il panino in vetta. E’ proprio vero che questa pandemia ha stravolto la nostra vita anche nelle piccole cose che davamo per “normali” e alle quali non abbiamo mai fatto caso ma che ora rimpiangiamo ed andiamo a ripescare nella nostra memoria dove le custodiamo come tesori, augurandoci di potere tornare a goderne, questa volta assaporandone la bellezza pur nella loro semplicità. Ma passiamo alla cronaca, l’idea era quella di raggiungere la località dei Piani di Artavaggio, visto fra l’altro il divieto di uscire dalla propria Regione, partendo da due punti diversi e cioè dal Culmine di San Pietro sopra l’abitato di Moggio in Valsassina da parte del sottoscritto e dell’amico Giuseppe del Gruppo di Ceriano Laghetto, e da Vedeseta sul versante bergamasco ad opera degli amici del gruppo di Melzo.
Lunedì 18 gennaio si è tenuta la consueta riunione mensile dei Capigruppo della nostra Sezione purtroppo in modalità di videoconferenza, cosa questa che, seppur nella sua oramai collaudata formula, inizia ad essere veramente opprimente perché l’impossibilità di vederci, stare insieme e condividere personalmente quello che più ci sta a cuore mina alla base quello che da sempre ci ha contraddistinto e che è la nostra forza, appunto l’unione e la fisicità dei nostri rapporti. Dopo il doveroso e tradizionale saluto alla Bandiera, seppur virtuale, il Presidente Boffi ha aperto la riunione ricordando l’amico Cesare Lavizzari che giusto due anni fa nella stessa data ci lasciava prematuramente privandoci di una presenza che avrebbe sicuramente potuto dare molto alla nostra Associazionealla quale aveva dedicato tutta la sua vita. La situazione dettata dalla pandemia sta avendo forti ripercussioni sulla nostra vita associativa impedendo di fatto a Gruppi e Sezioni di svolgere le attività che da sempre sono il fulcro del sodalizio e il fatto che tutte le assemblee sono state posticipate al 15 giugno e che pure la nostra Adunata Nazionale per ora spostata ulteriormente a settembre salvo potere partecipare tutte le persone realmente vaccinate diventa una chimera.
Pensare ad un articolo in questi tempi per il nostro Penna Nera è un’impresa a dir poco acrobatica. Come tutti sappiamo la realtà associativa è al limite dell’esistenza. Tutti in casa bloccati da questa pandemia che sta mettendo in ginocchioanche l’ipotesi di una qualsiasi fattibilità e il tempo trascorre in maniera monotona con la fantasia di ognuno che tenta di inventare costantementequanto si possa fare per evitare di cadere nell’abulia più penosa. Detto ciò spulciamo fra le piccole cose e/o avvenimentiche sono successi. Abbiamo avutoin sede un’incontro serale, breve a causa del successivo coprifuoco,un mini incontro durante il quale fra le altre cose si è approfittato alrinnovo del bollino per i presenticon l’invito, passa parola e successivo inserto sul nostro giornalino, perquanti non erano intervenuti . Giorni fa parlando con un alpino di un altro gruppo gli raccontavo dei nostri tentativi per tenere uniti i sociaccennando alla modalità della video-conferenza. La sensazione è stata di meraviglia nonché di approvazione forse con unasegreta speranza d’imitazione. Tornando a noi, dopo i vari tentativi per migliorare questa modalitàrelazionale intrapresa dal nostro capogruppo in sinergia con il segretario ai quali ad onor del vero vanno riconosciuti un costante impegno nell’attività nascosta di segreteria, amministrazione e relazione con la nostra Sezione di Milano senza dimenticare il notiziario Penna Nera, dicevamo, finalmenteè stato raggiuntoun buon risultato . Sembra poca cosa ma io credo d’estrema importanza. Non va dimenticato che a partire dal sottoscritto le capacità d’ interagire con app., Pc e telefonini, più volte siano naufragateincordiali risate …. ma ora ci stiamo riuscendo: proprio venerdì 18 u.s. ci siamo ritrovati in un numero considerevoledi” informatici “ e con un ottimo esito. Ormai chi ci ferma? Sicuramentepositivissimo il poterci vedere e relazionare seppurattraverso un monitor con quanti sono impossibilitati per svariati motivia frequentarela sede; forse varrebbe la pena di mettere a calendario qualcheriunione-video a beneficio di queste persone. Una serata ogni tanto non guasterebbe o sbaglio?
Domenica 13 dicembre: quest’anno per noi alpini ha significato la Messa nel duomo di Milano in occasione del Natale e per continuare quanto si era propostol’Alpino Priscoossia ricordare i compagni d’arme che ha lasciato nelle steppe della Russia, in quella disgraziata campagna durante la seconda guerra mondiale. Da allora gli anni sono passati, anche Prisco ha raggiunto i suoi Alpini però ha lasciato un impegno all’Associazione, continuarea ricordare. Così ogni anno l’ANA puntualmentesi ritrova in dicembre sia per continuare l’impegno iniziato da Priscounendo nella memoriai caduti di tutte le guerree sia per augurarci un Natale che ci aiuti a sperare in un futuro sempre più migliore. Forse mai come in quest’anno la speranza cozza contro una realtà che ci sta opprimendo e spaventando, sì spaventando, come non succedeva da anni.Dal dopoguerra, la seconda, si sono succedutiperiodi veramente brutti, dalla difficoltà del ricupero economico ai famosi anni di piombo, dalle lottesindacali a quelle politiche; roba che tiene banco anche nei nostri giorni, seppur in modo alquanto diverso e delle quali è meglio non parlarne, almeno in queste righe. Ora questa realtà, questa BESTIA chiamata Covid-19 ci sta perseguitando, colpendo in tutto il mondo, costringendo l’umanità ad una corsa-difesa che non trova paragoni e questo valeanche per quanti non vogliono arrendersi all’evidenza dei fatti chiamati morti. Non era scontato che quest’anno si potesse“festeggiare” il Natale, anche il Vescovo lo ha fatto notare in duomo durante l’omelia, ma gli Alpini seppur ridotti di numero per imposizioni sanitarie ci sono riusciti e si sono ritrovati attorno ai propri vessilli schierati prima in Duomo e successivamente nella piazza antistante.
Giovedì 10 dicembre, mentre con altri volontari alpini, stavamo facendo ritorno al 3P dopo essere stati per un servizio a Varese dove, presso la Casa Circondariale, avevamo sostituito una tenda adibita al controllo tampone COVID riservato ai reclusi che era letteralmente crollata a causa della nevicata dei giorni precedenti, arrivava la richiesta di intervento a Nonantola, paese di 16.000 abitanti ad una decina di Km. da Modena dove l’esondazione del fiume Panaro e di alcuni torrenti suoi affluenti aveva provocato una devastante alluvione. Il tempo di rientrare a casa, preparare la borsa e subito ritorno a Cesano Maderno dove era fissato il punto di ritrovo per i volontari della Lombardia facenti parte del 2° raggruppamento che, inquadrati in colonna, verso le 19 partivano alla volta dell’Emilia dove si arrivava verso le 22,30 nella zona di Formigine dove era stato predisposto il pernottamento. Dopo la cena, un briefing fissava la sveglia alle 6 del mattino successivo per la colazione e partenza per le zone alluvionate che raggiungevamo l’indomani nel piazzale antistante l’Istituto Comprensivo che anche dall’esterno recava i segni della devastante ondata che aveva raggiunto il metro e mezzo di altezza all’interno delle aule e che, ritiratasi l’acqua, lasciava a terra una patina di una ventina di cm. di fango che aveva impregnato tutto quello che era posato a terra, dai computer, alle cassettiere, agli armadi, alle attrezzature da cucina, oltre a banchi, cattedre, giochi fino alle trombe degli ascensori letteralmente sommerse e successivamente svuotate, per non contare tutte le prese elettriche che per 24 ore erano rimaste sommerse.
Nella sua storica sede di Milano, situata in Galleria Vittorio Emanuele, la locale Sezione del CAI aveva posizionato un bassorilievo e una lapide commemorativa che riportava i nomi di 71 Soci, molti dei quali militanti nelle Truppe Alpine, caduti in guerra. Negli ultimi tempi, a seguito dell’uscita dalla sua storica sede, per il Consiglio Direttivo del CAI, è nata la necessità di togliere questo cimelio dalla sua originaria sede e la volontà di ricollocarlo in un ambiente più consono e rappresentativo per ciò che l’opera rappresenta e la scelta è caduta sulla sua collocazione presso la sala intitolata a Carletto Negri, uno dei fondatori della scuola di alta montagna del CAI, presso il Rifugio Carlo Porta posto a 1.426 mt. ai Piani dei Resinelli, da sempre considerato la sede in ambiente montano del sodalizio milanese. Nasceva a questo punto il problema di asportare l’opera senza rovinarla, portarla dal salone principale al piano terra, trasferirla e ricollocarla all’interno del Rifugio Porta tenendo presente che la stessa, seppur suddivisa in 4 pezzi, pesava circa una tonnellata. Ed è qui che entrano in scena gli alpini della Protezione Civile di Milano che sotto la direzione del Vicepresidente Carlo Tagliabue portano a termine l’impresa sino ad arrivare al fatidico giorno di sabato 26 settembre quando nel corso di una cerimonia, purtroppo in forma raccolta a causa delle limitazioni legate al Coronavirus, è stata inaugurata la (si spera definitiva) collocazione di questo documento marmoreo destinato a ricordare alcuni dei tanti non tornati dalle brutture della guerra.
Pensavamo di avere raggiunto il punto più basso nelle nostre relazioni effettuando le ultime 3 riunioni dei Capigruppo presso il grande spazio del 3P a Cesano Maderno in modo di rispettare le norme di distanziamento, ma siamo ricaduti nel baratro e l’ultima riunione dello scorso 9 novembre è tornata a svolgersi in video conferenza ed il fatto che fossimo collegati in 45 non ha mitigato l’amarezza di non poter essere presenti fisicamente, che è poi quello che principalmente costituisce la nostra forza, lo stare insieme. Comunque l’ordine del giorno è stato rispettato e così, dopo il saluto alla Bandiera, il Presidente Boffi è passato ad illustrare i punti in programma iniziando dalla Legge Regionale approvata dall’intero Consiglio Regionale Lombardo che ha istituito, con cadenza il giorno 2 aprile di ogni anno, la Giornata della Riconoscenza Alpina quale riconoscimento per l’impegno che Veci e Bocia hanno fatto e continuano a fare per il bene della collettività, al di sopra di ogni ideologia partitica e per l’esempio che da sempre l’A.N.A. porta alle nuove generazioni con l’impegno nel volontariato, nel tramandare i valori che da sempre sono alla base dell’Associazione. Saranno anche messe a disposizione delle risorse al fine di incrementare e sostenere le nostre iniziative ad iniziare dai Campi Scuole e dagli incontri con gli studenti. Fortunatamente alla fine di ottobre è stato possibile celebrare una S. Messa in ricordo degli alpini andati avanti e, seppur forzatamente, non potendo contare su una grande partecipazione, l’importante è stato mantenere viva anche questa fiammella che si unisce alle tradizioni per noi importanti.
Mancavano tredici giorni al Santo Natale il fronte era calmo si pensava di festeggiarlo in buona armoniaavevamo il presepe fatto da un soldato di Guastalla con dei blocchi come il gesso che prendeva nel scavare i camminamenti, li scolpiva con un temperino la prima che aveva fatto laMadonname la fa vedere a me, li dico che seibravo poi il S. Giuseppee il bambino li dico sei un artista fanne ancora che a Natale li faremo festa, difatti fa tutto, tante statuine i pastori ,i ramponari la stella, un angelo.Li metto nel forno della casa che eravamo, l’angelo di fuori in altodal forno con la stella, il bambino al centro del forno, in fondo del forno la mangiatoia con il bue e l’asinello ,era un presepio meraviglioso, non pensavo più che un soldato della mia squadra era capace di fare quel lavoro, lo guardano tutti i soldati del plotone, che erano in quella casa. L’altro plotone era in un altra casa sono stati informatievenivano a vederlo. Ma a Natale avevamo già fatto 400 chilometri di ritirata mi veniva in mente da quel belpresepio che abbiamo lasciato che non abbiamo potuto festeggiarlo. Ma ero tanto contento di essere salvato da quel fronte terribile quel presepio è rimasto in quella casa dei Russi che anno dovuto sfollare per entrare noi per ripararsi dal freddo, ma quando sono tornati chissà cosa hanno detto di quel presepe meraviglioso, hanno un ricordo degli Italiani che erano nella loro casa. L’ avranno fatto vedere a quelle case che stavano vicino, quel presepio l’avrà visto anche lo starosta del paese che magari l’avrà posto per farlo vedere a tutti quelli del paese e altri ancora che quel presepio era davvero bello, le bambine di quel paese mi chiedevano delle immagini erano tanto devote ai santi e alla madonna. Ci scrivevo a casa di mandarmi delle immagini per darle alle bambinemi davano un pezzo di pane erano tutti contenti e anche noi con un pezzo di pane non si soffriva per il mangiare. Ma quando hanno visto quel bel presepio chissà quando lo pagavano per averlo. Quel soldato di Guastallaera del 1921 un mio coscritto del suo nome non sono capace di andare a saperlo ma perché son passati 40 anni ma nella ritirata non mi ricordavo più; venne un suo paesano che faceva l’autista a trovarlo lo chiamava per nome e poi era della mia squadra so tutti i nomi dei altri ma il suo non sono capacedi ricordarlo mi pareche incominciava con la V. In ritirata non l’ho visto, di caduti sono stati tanti e tanti prigionieri e feriti speriamo che è tornato anche lui sano e salvo da quel fronte tanto pericoloso. Che ha un ricordo in Russia del presepe che tanti non li credeva ma io sono testimone del suo bel presepe che a fatto ai primi giorni di Dicembre 1942 in Russia.
Come spiegato quindi nell’articolo sulla riunione dei Capigruppo, su proposta del Consiglio Regionale Lombardo, dal prossimo anno quindi, il giorno 2 aprile, verrà celebrata questa Giornata della Ricorrenza Alpina e se questo non può che farci piacere, come ha ricordato il Presidente Boffi anche nel corso della tavola rotonda tenutasi lo scorso 10 ottobre a Milano, è preciso dovere di ogni Socio e, aggiungo anche, di tutti quelli che ci vogliono bene a noi e alla nostra Patria, fare capire ad ogni livello, a tutti gli amministratori, da quelli locali, alle Province, Regioni sino ai massimi gradi istituzionali, che se è vero che gli alpini ci sono sempre quando servono dalla manifestazione in paese, alla costruzione di un ospedale COVID, alle emergenze in caso di calamità nazionale ed estera, è pur vero che gli alpini non sono immortali e che 15 anni di vuoto dovuto alla sciagurata legge che ha “momentaneamente sospeso” il Servizio di Leva ha creato una falla nel serbatoio umano che da 100 anni costituiva il naturale ricambio generazionale dell’Associazione con il risultato che andando avanti ci saranno sempre meno alpini disponibili a fare quello che oramai si dà per scontato e cioè che basta chiamare e si è pronti ad aiutare.Noi continuiamo e continueremo a fare come sempre il nostro dovere, dovere di chi ci amministra e governa invece è fare in modo che noi lo si possa continuare a fare, aiutandoci nelle nostre iniziative, appoggiandoci nelle proposte e nel trasmettere ai giovani quello che i nostri Vecici hanno insegnato, perché quando non saremo più in grado, per evidenti ragioni anagrafiche, di poter operare allora sarà troppo tardi perché ci ritroveremo con attrezzature, macchinari e risorse che nessuno saprà o vorrà usare vanificando un operazione sociale durata un secolo.
Devo smentire qualche mia riga (il termine ”articolo” è troppo impegnativo) sul numero precedente del nostro notiziario. Vengoal punto. Mi ero illuso: volevo solo far presente che l’attività associativa pian piano si poteva riprendere. Era passata la prima ondata pagata a caro prezzo e la prospettiva di un’ allentamentodelle misure imposte ci aveva confortato: era quasi finita, massì, con un po’ di attenzione era fatta … si potrà ripartire. Lo credevamo un po’ tutti, alcuni forse troppo, dimenticando quanto ci era stato raccomandato: attenzione,prudenzama forse ci sembravano un po’ tutti degli esagerati … ma i cosiddetti esagerati, purtroppo, avevano ragione. Adesso eccoci alla seconda ondata di questa pandemia, di questa BESTIA come l’avevo definita e che bestia. l’Italia pressoché alle corde eda subito, tre regioni no tre paesi,“zona ROSSA”, ospedali allo stremo, personale sanitario ormai al limiteridiventato eroico dopo la dimenticanza estiva; ora siamobloccati in casa costretti da leggi ancora più stringentirispetto agli inizi dell’anno e la prospettiva di una soluzione definitiva che si perde nella nebbia della speranza. Uno spiraglio di vita associativa però c’èstato: la prima domenica di novembre, ligi alle disposizioni vigenti, quattro socisu due macchine si sono recati per un momento di raccoglimento nei vari cimiteri, sulle tombe dei nostri “andati avanti“ e che non possono essere dimenticati: glielo dobbiamo.
Lunedì 21 settembre un gruppetto della SIA ha raggiunto il Rifugio Porta al Pian dei Resinelli per recuperare una attrezzatura utilizzata in occasione del ricollocamento del bassorilievo del CAI che sarebbe stato inaugurato qualche giorno dopo e terminata l’operazione di recupero ed essendo già in Grigna a quota 1.200 mt., seppur con un meteo abbastanza sfavorevole, abbiamo deciso di sfruttare la giornata per assolvere a un compito che ci stava particolarmente a cuore: salire alla targa Mazzucchi per rendere omaggio a chi, seppur inconsciamente, è stato motivo di creazione della Squadra. Breve riassunto per ricordare i fatti: il 23 aprile del 1982 Giorgio Mazzucchi alpino di Milano, allora ventiseienne, nel corso di una scalata in Grigna, perdeva la vita precipitando in un canalone ed il corpo veniva recuperato solo dopo alcuni mesi a causa della neve. Il padre Franco, indimenticato Vicepresidente sezionale, fu l’ideatore e fondatore della SIA (Squadra di Intervento Alpino) finalizzata nella ricerca e recupero dei dispersi in montagna alla quale hanno aderito nel corso di questi 35 anni anche molti soci del nostro Gruppo, e due anni dopo la scomparsa di Giorgio ha voluto realizzare un sentiero (il numero 8A che risale dal Caminetto Pagani sulla Direttissima) nonché posizionare sul luogo dell’incidente una targa commemorativa presso la quale da sempre qualcuno di noi si reca a deporre un mazzo di stelle alpine (naturalmente coltivate).
Mercoledì 23 settembre, su invito del Sindaco di Milano, i rappresentanti delle associazioni di volontariato facenti capo alla Protezione Civile, sono stati invitati ad una cerimonia di ringraziamento per l’opera prestata in occasione dell’emergenza COVID-19 che come si sa riguardava la distribuzione di farmaci, pasti, mascherine ecc. alla popolazione. Alla cerimonia, che si è tenuta sul piazzale del Duomo, sono intervenuti il Capo del Dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli, il Prefetto di Milano Renato Saccone, l’Assessore alla P.C. della Regione Lombardia Pietro Fioroni e per il Comune di Milano l’Assessore Anna Scavuzzo, in rappresentanza del Sindaco Sala assente. Tutti gli intervenuti hanno avuto parole di elogio per l’opera prestata durante l’emergenza e sottolineato l’importanza della collaborazione e sinergia fra le varie componenti della P.C. e lo spirito di abnegazione dimostrato dai volontari, e terminata la parte istituzionale, tutti i partecipanti sono entrati nella Cattedrale per assistere alla S. Messa. Unica nota stonata, se permettete, riguarda il fatto che l’UNICA Associazione che si è attenuta alla richiesta di far presenziare UN rappresentante, tanto da richiedere nome, cognome e codice fiscale quale autocertificazione per le attuali norme di anti assembramento, è stata l’A.N.A. rappresentata dal solo sottoscritto, mentre tutte le altre erano numericamente ben rappresentate ed è un peccato visto quanto hanno fatto gli alpini anche solo con l’ospedale di Bergamo e il fatto che l’unico cappello alpino presente faceva da sfondo a molte foto, ma tant’è fare senza dire e senza far vedere…
All’età di 81 anni l’alpino Giancarlo Cantoni è “andato avanti” in quel di Groppello D’Adda dove si era trasferito proveniente da Melzo del quale Gruppo Alpino faceva parte. Giancarlo è stato nel novero dei fondatori della S.I.A. dai tempi dell’indimenticato Franco Mazzucchi ed è sempre stato attivo partecipante sia nelle esercitazioni che negli interventi di Protezione Civile quando, per dirla con parole non mie, non esistevano divise e mezzi, ma solo una tuta e tanta buona volontà, questo sino a quando la salute glielo ha consentito. Sicuramente anche quei tanti giovani che negli anni scorsi hanno fatto parte della Squadra o semplicemente venivano con noi in montagna lo ricordano per il suo carattere sempre gioviale e a proposito a loro dico: perché non valutate l’idea di ritornare in montagna con gli alpini? Grazie Giancarlo per la tua amicizia e l’esempio che ci hai dato.
… almeno per chi le ha fatte! Dunque: la vita sociale del Gruppo dovrebbe ripartire. A sto punto io la immagino come un carro con le ruote quadrate: a furia di spingere, tirare o trascinare, queste ruote dovranno prima o poi smussarsi, levigarsi e girare come Dio comanda. E’ la speranza di tutti noi. In effetti fa strano pensare all’attività esercitata fino a sei mesi or sono e adesso avere tutto vietato da decreti, seppur salutari e necessari a causa di questa ” BESTIA” che non faceva sconti prima e che ancor oggi colpisce centinaia, migliaia di vite; ma fino a quando? Ora ci stiamo provando dopo il rientro nella vita di tutti i giorni. Durantetutti quei mesi di incognite e di paura … diciamolo pure “PAURA” … siamo rimasti in contatto aiutandoci anche con qualche video-conferenza ma ora, pianopiano, ci stiamo ritrovando, quasi un risveglio da un letargo imposto ma sempre ligi nell’osservanza delle leggi. Come tutti sanno tutte le attività socialisono rimaste in parcheggio e mi riferisco a rievocazioni o festeggiamenti diGruppo o di Sezionee a manifestazioni storiche / sportive indette o patrocinate dall’Associazione: tutto è stato rimandato in attesa ditempi migliori. Detto ciò, purtroppo, al di là della volontà di rimettersi in marcia bisogna far presente comealcuni soci, a volte dimentichino l’esistenza della nostra sede. Farebbepiacere la loro presenza,meglio se frequenza, oltre ai soliti tre o quattro perché, come già ricordato, la vita del gruppo sta riprendendo a piccoli passi anche se non in modo platealevivendo i momentidello stare insiemeche non sono sempre piacevolimapurtroppo anche tristi, come la morte di Ignazio Torno Capogruppo di Arconate, uno di casa nella nostra sede: una persona che sarà ricordata specialmenteper la volontà e tenacia con la quale ha combattutoANNI per realizzare, ricostruire la nuova Sede del suo Gruppo dopo il doloso e vigliacco incendio di quella precedente, fino a raggiungere la vigilia della completa realizzazione del suo sogno, a pochi passi dall’inaugurazione; la voleva a tuttii costi ma la vita lo ha tradito impedendogli di coronare il frutto di tanta battaglia perché tale è stata.
Questa estate, dopo tanti anni, ho trascorso le mie vacanze sulle Dolomiti avendo come base la località di Malga Ciapela ai piedi della Marmolada sul versante veneto, ed ho avuto l’occasione di conoscere alcune persone con le quali ho passato del tempo dopo cena. Con una di queste, un emiliano, una sera ho intavolato una discussione sull’importanza per un alpino riguardo la propria sede, sia di Gruppo che di Sezione, considerazioni nate dal fatto di frequentare da una quarantina d’anni, con una certa assiduità, un posto che agli occhi dei più, è un semplice “luogo” ma che per l’alpino rappresenta qualcosa di speciale. Questo nuovo amico insisteva nel dire che una sede associativa, di qualunque associazione, altro non è che un locale piuttosto che una struttura che può essere tranquillamente sostituita da un’altra al bisogno senza che venga sminuita la sua importanza, mentre il sottoscritto era di tutt’altro parere e si lanciava nella “sua” spiegazione. La sede di un Gruppo alpino, dicevo al mio interlocutore, non è solo una sede, ma fa parte della vita dell’alpino stesso, non per nulla la maggior parte di noi quando ci si da appuntamento lo fa dicendo: “ci vediamo in baita”, si baita, non sede, baita come quella che nella domanda del capolavoro “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern, il fido Giuanin rivolgeva continuamente: “Sergentmagiu, ghe rivarem a baita?” dove baita, appunto, stava per Nazione, paese, casa e affetti che racchiudevano il mondo sicuro dove poter fareritorno e stare finalmente in pace.
Posto a 2.395 mt. in Val di Zocca, una laterale settentrionale della Val di Mello nel Comune di Val Masino all’imbocco della Valtellina, e dominato dalle stupende vette delle Punte Allievi e Zocca, Cima Castello e Pizzo del Ferro, il Rifugio Allievi Bonacossa di proprietà del CAI di Milano è da sempre una tappa obbligata, nonché un sicuro punto di riferimento per quanti si trovano ad intraprendere il Sentiero Roma, un’alta via lunga 54 Km. che si snoda sul versante italiano nelle Alpi Retiche. Antenata dei rifugi fu la capanna Zocca (capàna da zòca), costruita nel 1897, a cura della sezione milanese del C.A.I. Rifatta nel 1905, venne successivamente distrutta da una valanga. Durante la prima guerra mondiale venne riedificata per ospitare un distaccamento di alpini per presidiare il passo di Zocca, che guarda alla Val Albigna, perché il generale Cadorna era convinto che lo stato maggiore svizzero avrebbe potuto concedere il permesso di passaggio alle truppe austro-ungariche, che avrebbero potuto quindi invadere la Valtellina dalla Valle di Poschiavo, dall'Engadina e dalla Val Bregaglia. Assunse, allora, la denominazione che onora Francesco Allievi, alpinista appassionato della Valle di Zocca. Durante la seconda guerra mondiale venne usata come punto di appoggio dalle formazioni partigiane e quindi danneggiata durante il rastrellamento nazifascista del 1944.